SCACCO MATTO AL RE “NERO”. I retroscena di “Mondo di Mezzo”/ Parte 1

di Alessandro Ambrosini

Pronto

Ciao Alessandro, sono Francesco. Hanno arrestato il tuo “amico” Carminati, è appena uscita l’Ansa. Che ne pensi di andare nella Capitale a fare qualche intervista e a sondare il terreno per capire cosa sta succedendo?

E’ il 4 Dicembre 2014

Leon,un cane meticcio nero dal carattere anarchico, tira il guinzaglio come un dannato. Sembra volermi distrarre da quella chiamata, come se sapesse che mi porterà via da lui per qualche settimana o qualche mese. Ascolto, parola per parola e sento le pulsazioni del cuore aumentare mentre il direttore di Fanpage mi snocciola il dispaccio d’agenzia con i particolari dell’arresto.

Il Re tra i Re, del mazzo criminale, è caduto.

Ed è successo come l’avevo descritto mesi prima in un articolo che mi aveva procurato più di qualche grattacapo con la Procura di Roma. Non avevo avuto veline, non avevo avuto soffiate dai carabinieri, dalla polizia o da qualche magistrato. Avevo solo “letto” le piazze e i luoghi di ritrovo di un mondo che conoscevo bene, che avevo vissuto lateralmente per una decina d’anni. Quel mondo che unisce criminalità e politica, in un loop senza fine. Era il 14 settembre del 2014.

_____________________________________________________________________________

Su Roma sta per scatenarsi la tempesta (giudiziaria) perfetta

Fanpage 14/09/2014

Quando i lampeggianti blu, senza sirene, attraverseranno come lunghe carovane da nord a sud, da est a ovest la Capitale, quel giorno sarà “il giorno della tempesta perfetta”, a Roma. Mentre i rotori silenziati degli elicotteri sorvoleranno la Capitale come uno sciame d’api impazzito, in quel momento, un pezzo importante della storia criminale romana ed italiana verrà spazzato via. Giorni, mesi, anni di intercettazioni, appostamenti, controlli societari, verifiche su gare d’appalto, su conti correnti in Italia e all’estero, saranno la pietra tombale di un mondo sotterraneo e letale. Nomi “di grido” nella società romana, nascosti da abbronzature impeccabili, colletti ben inamidati, Rolex al polso, macchine costose e fedine penali, in alcuni casi, intonse. Dietro i vetri delle macchine che porteranno in carcere decine, forse centinaia, di uomini e donne, non vedremo “ghigne” da galeotti. O almeno non solo. Ci saranno molti professionisti, molte persone abituate a lavorare in uffici quasi asettici dove si stringono mani e si spostano capitali con un clic. Più o meno legalmente. Dove la matrice dei soldi può essere solo quella della criminalità organizzata. Consapevolmente o meno. Quel giorno cadrà anche una parte di un mondo “politico” che ha indossato, molte volte, i panni da gangster di quartiere e che ha lasciato lo scettro all’ultimo “Re di Roma”, Massimo Carminati.

Non è un nome scritto a caso, anche se il suo status giudiziario attuale è quello di uomo libero e senza alcuna iscrizione al registro degli indagati. Lo ha detto più volte Lirio Abbate dalle colonne dell’Espresso o Paolo Mondani su Report, lo dicono fonti della polizia, dei carabinieri, della Guardia di Finanza. E’ un dato di fatto che trova riscontro non solo in questi ambienti, ma nella strada, nei quartieri. Quando parli di quello che nel film e nella fiction di Romanzo Criminale è rappresentato da il “Nero”, anche la risata si interrompe, anche la conversazione leggera si trasforma in un silenzio che parla da solo. In mezzo, frasi di “rispetto” che rendono l’idea della persona e del suo ruolo criminale più di mille ordinanze di custodia cautelare. L’intreccio sottile e sistematico avvenuto negli anni tra ex della Banda della Magliana ed ex estremisti di destra, legati agli anni di piombo è rappresentato proprio da Carminati, che di queste galassie ne ha fatto parte. L’uomo perfetto per coniugare business, malavita e malapolitica. Un trittico che Roma conosce bene, con tutte le sue sfaccettature.

Non manca molto al giorno della tempesta perfetta. Non manca molto al giorno in cui il tintinnar di schiavettoni risuonerà come una piccola orchestra per chiudere vicende che non trovano spiegazioni plausibili, al momento. Molte caselle vuote, che riguardano delitti eccellenti irrisolti o imprenditori collusi ancora operativi sul mercato, saranno riempite di nomi, moventi e mandanti. Perché ogni regno che si rispetti ha schiere di servitori fedeli, pronti a seguire il Re nei suoi piani di controllo del territorio. Un territorio che forse una volta non voleva capi ma che oggi ne ha quasi la necessità per non lasciarsi travolgere dall’invasione sistematica di organizzazioni come camorra e soprattutto ‘ndrangheta. Invasione che non avviene tramite calate barbariche e ratto delle sabine. E’ pacifica. Non ci devono essere guerre nella Capitale. Il business è basato sulla “meritocrazia” del frusciare di quantità enormi di denaro che vengono investiti nel mattone, nelle attività di ristorazione, nella distribuzione, nei negozi, nell’usura e nel narcotraffico. Senza spargimento di sangue se non “chirurgico”, lo stretto necessario per segnare il territorio e far capire che, anche se Roma è una città che accoglie tutti è sempre “casa” dei romani, soprattutto di “quei romani”. E le regole le stabilisce il Re.

_____________________________________________________________________________

 

“Ambrosini, lei non deve più scrivere di Carminati, l’avverto prima che la inseriamo nel registro degli indagati” mi disse una voce secca e decisa. Fu il classico modo per istigare una testa di cazzo come me a non seguire questo diktat, che aveva un non velato retrogusto di minaccia.

-Francesco, se mi fai fare un biglietto del treno e mi prenoti una stanza in un bed and breakfast in zona San Giovanni. Sarò lì in 24 ore. E’la fine di un’era. Ci divertiremo

Il giorno dopo, alle 15 in punto, il treno per la Capitale parte. Mi sono messo nel posto vicino al finestrino. Devo pensare, organizzare mentalmente come muovermi quando sentirò l’aria pesante della stazione Termini, quando riprenderò i fili di matasse che avevo lasciato in sospeso . Il mio sguardo si perde sui paesi che passano veloci davanti al finestrino e rivedo i volti segnati dal tempo e dalle loro storie, le strade e le piazze, le mani. Quelle che stringono pistole, che stringono altre mani, che contano soldi, che rimangono senza vita sull’asfalto, che chiudono manette, che asciugano lacrime. Leggo uno dei giornali che ha depredato all’edicola della stazione e il viso del “cecato” è lì, in prima pagina, mentre esce da una caserma dei carabinieri in manette.

Er cecato, er nero, Samurai. Troppi nomi inventati da cronaca e cinema per capire veramente Massimo Carminati- mi ripeto sussurrando- troppa letteratura senza cercare oltre quella foto segnaletica. Chissà quale sarà l’impianto accusatorio, chissà se avranno capito veramente chi è Massimo Carminati. Peccato non essere riuscito ad incontrarlo, mi mancava poco”

Per mia deformazione non amo intervistare i criminali che incontro, preferisco studiarli, ascoltandoli. Da Vallanzasca agli ex della Banda della Magliana fino a quelli della Mala del Brenta. Un grande archivio mentale di camei, che non sarebbero mai usciti con un microfono davanti a quelle bocche. Sempre pronte a cucirsi o a raccontare ciò che già sai, sempre pronte nascondere la loro vera natura con modi affabili e innocui. Sempre figlie di storie dure, come i muri spessi delle carceri che hanno visitato. 

  Sono arrivato. Non serve la voce meccanica del treno che annuncia la prossima stazione:  Roma-Termini. Lo sento nello stomaco, lo sento per quella strana tensione che mi fa scivolare il pollice e l’indice tra di loro. Un movimento che non ricordo da chi o perchè ho ripreso. So che mi capita da anni e ci gioco in continuazione nei momenti di nervosismo.  

Non ho fretta di uscire, sistemo i miei bagagli piano, con meticolosità.  La mia Moleskine nera fitta di appunti e ricevute, la penna con il tappo consumato, i giornali, il caricabatterie del telefono e una tau che rigiro tra le mani prima di indossarla. E’ ciò che mi protegge da anni, non sono praticante e il mio rapporto con Dio è cosa che rimane tra me e lui.  Ho un borsone capiente, da chi si aspetta una maratona e non una gara sui cento metri. Dentro non ci sono solo vestiti, ci sono anni di articoli sul Nero, provocazioni, sberleffi, volti senza nomi e nomi senza volti che collegati potrebbero mettere fine a un gioco che dura da tempo.

Scivolo veloce dal treno con la sigaretta in bocca già accesa nel primo metro. Ho bisogno di distendere i nervi e immergermi nel caos incontrollato di una nuova Babilonia.

Ahooo Ambro…fratè. Daje che i vigili me “bevono” se me fermano.

La sua voce è inconfondibile, come la vitalità che trasmette: è “il Biondo”, il mio inconsapevole Watson in questa giungla di storia e cemento.

Uè “Biondo”, dai andiamo che non ho voglia di vedermi sceneggiate pietose appena arrivato. Filiamo a piazza Re di Roma diretti, che devo farmi dare la stanza. Ho fame e sono stanco

Bentornato Ambro, è bello riaverti qui. Porti sempre un sacco de problemi ma me mancavi

Il “Biondo” conosce bene le strade per arrivare in pochi minuti a destinazione. Lui non guida lo scooter, lo “porta”. E’ diverso, è una peculiarità di chi la strada la mangia tutti i giorni a tutte le ore e con traffico sempre ad alta densità. Con le ruote che piegano a destra e sinistra tra le macchine sfiorandole, aggredendo ogni piccolo spazio che si può trovare per passare e anticipare semafori, automobilisti e pedoni. Guardo la strada e non dico una parola mentre lui cerca di riassumermi ciò che è successo negli ultimi anni. Sono affascinato e impietrito davanti a quel passato che ritorna. Giro lo sguardo e vedo la Coin di San Giovanni. Bentornato a casa.

Il bed & breakfast è accogliente anche se è posizionato in una stradina secondaria senza grande illuminazione. Lo gestisce una ragazza dai capelli corti e rossi, una del genere alternative-chic. Piecing e taglio sbarazzino ma sicurezza e professionalità di chi conosce il suo business, non il suo mestiere. La stanza è perfetta per diventare la mia tana, non affaccia sulla strada, ma su un cortiletto interno ad uso e consumo degli ospiti. La scrivania è un po’ d’annata ma è quanto basta per il mio portatile .

-Tutto apposto Ambro? Annamo che ho fame…  

Il “Biondo” non sa aspettare, ha sempre quella fretta di chi vive ogni secondo della vita come fosse l’ultimo. Un caso quasi “umano” che avevo conosciuto un decennio prima mentre usciva da una sala scommesse dell’Appio Latino. Un ragazzino “sveglio” che ho visto crescere in una Roma che non concede i giusti ritmi, li esaspera fino a creare uomini ancora senza barba. E’ un trampoliere della vita. Si barcamena, si “arrangia”, si “inventa” ogni giorno per sopravvivere. E’ figlio di una città che ti lascia nel limbo appositamente, per crescere leone o gazzella. Lui forse non è nessuno dei due, forse è solo “il Biondo”. Con gli occhi azzurri buoni e una passione senza fine per la politica di strada. Rigorosamente a destra, rigorosamente militante. E a Roma, militante, è una parola che racchiude un senso diverso rispetto a qualsiasi altra parte d’Italia. E’ un perenne tuffo tra passato e presente, che non scorda. A Roma, un militante di destra, nasce già nel nome del sangue versato negli anni ’70. Puoi avere tredici anni e viverli come se tu ne avessi cinquanta. In un perenne stato d’assedio. Puoi essere libero ma vivi da latitante, fianco a fianco con chi, come te, gioca ogni giorno sulla linea di confine tra il bene e il male. E dietro a queste parole puoi riconoscere anche Massimo Carminati, puoi riconoscere Fabrizio Piscitelli (per alcuni versi), puoi trovare centinaia di nomi. Più o meno famosi, più o meno criminali. Questa è Roma.

Lascia un commento