LA MIA ROMA A MANO ARMATA

di Alessandro Ambrosini

Sono le tre del mattino. Il buio mangia i sogni e si appropria dei ricordi, mai troppo lontani. Mai troppo sfocati. Immagini, suoni, odori si mischiano nella mente di un resiliente per missione. Di un cercatore di adrenalina e verità.

“La mia Roma a mano armata” nasce qui, in queste righe battute freneticamente sulla tastiera. Perché ci sono viaggi che sono figli della notte più scura, che vanno raccontati per disegnare ogni giorno un’alba più radiosa. Ci sono storie, inchieste, retroscena e sussurri che devono rimanere nella storia di questo nostro paese. Senza filtri, senza ipocrisie, senza sconti alla “cassa della verità”.

E’ la mia Roma, vissuta per tredici anni guardando oltre la bellezza della città stessa. Oltre quella romanità ammiccante e suadente della sua gente. E’ uno sguardo corroso da ciò che Roma stessa ti toglie, giorno per giorno.

Ho sempre vissuto nel sangue. Prima con quello versato in nome di un’idea, poi con quello versato in nome di un territorio da conquistare, di una piazza di spaccio da controllare, di una rapina da fare, di un bersaglio da colpire per lasciarlo raffreddare sull’asfalto. Se il primo l’ho vissuto sulla mia pelle, e sulla mia pelle rimarrà tatuato, il secondo l’ho raccontato e lo racconto da quasi quindici anni. A modo mio, con i miei tempi, le mie sceneggiature che non sono sceneggiature di fiction, ma di realtà vissuta. Dalla prima all’ultima parola. Con troppi punti di domanda, con troppi lati oscuri da capire. In un labirinto fatto di sirene che scorrono come un fiume nella città eterna, con uomini dai mille volti, con “professionisti del calcolo” fatto su numeri che sono persone, che sono speranze, vita.

Questa è Roma, un libro che si riscrive a ogni secondo e che ho cercato di fissare nel tempo. Riediterò inchieste già fatte, che non avete mai letto. Storie mai scritte, momenti che raccontano la storia di Roma in questi anni e che hanno segnato la vita di molti, senza saperlo. Aprirò quei cassetti tenuti sigillati nel tempo. Sarà un viaggio lungo, dove non sempre potrò fare i nomi e i cognomi di tutti. Non per paura personale, ma per evitare problemi a chi non merita di camminare “preoccupato” per le strade della Capitale. Perché questo è un lavoro “sporco”, ma se non hai la capacità di scindere tra l’informazione e la vita di una persona, non devi neanche iniziare. Se non capisci fino in fondo il valore delle parole e la potenza devastante che hanno, se non capisci che ogni lettera che scrivi diventa un mirino sulla schiena di qualcuno, non scrivere.

Da Ostia ai quartieri romani. Da Fiumicino alle periferie romane. Un viaggio che non troverete in qualche libro, in qualche documentario su Netflix o su qualche altra piattaforma. Non sarà un viaggio “de relato”, sarà un viaggio in presa diretta con i miei occhi e la mia memoria. Sarete nel mio giubbetto con cappuccio, mentre la pioggia scivola sulle sue pieghe, indosserete le mie Stan Smith bianche, consumate dall’asfalto e dai sanpietrini. Fumerete le mie Lucky Strike morbide, sentirete il mio cuore battere mentre guardo un T-Max con due persone con il casco che mi aspettano all’angolo di una via, sentirete il mio respiro mentre mi allontano veloce da una “retata”, ascolterete la mia rabbia mentre stringo il bavero del giubbetto di un capo clan.

Perché fare questo? Perché sono un sopravvissuto, un immortale a scadenza. Perché il destino non ti regala tutto ciò che ho vissuto senza raccontarlo. Perché sia monito, perché sono nato nel sangue e nel sangue ho vissuto. Perché la verità non è uno show, non è qualcosa che ammette sabotaggi d’interesse o di posizione.

Buon viaggio

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